L’open-source non fa più paura?

Colgo con piacere, anche se un pò in ritardo, lo spunto di riflessione proposto dall’amico Andrea che mi ha segnalato questo articolo per fare alcune considerazioni.

Premetto che giudicare certe scelte messe a punto da grandi aziende non è cosa facile e sicuramente soltanto il futuro permetterà di valutare la validità di strategie decisionali di questa portata. Di certo posso dire che da neo mac-user ho accolto con particolare entusiasmo l’apertura di un’azienda come Apple verso il mondo e la filosofia open-source. Rilasciare sotto licenza Apache 2.0 una tecnologia ritenuta strategica e fondamentale nelle politiche sia tecnologiche che di marketing per l’azienda è indubbiamente sinonimo di coraggio e di apertura verso un certo modus operandi che si discosta dai tradizionali schemi proprietari e chiusi a cui siamo abituati. Ci troviamo in una fase evolutiva del mercato IT in cui il bisogno di avere una community di sviluppatori affezionati, preparati e desiderosi di mettersi in mostra diventa ancora più importante del “segreto industriale”. Apple sa benissimo che aprire una tecnologia innovativa come GCD (General Central Dispatch) ai gruppi di sviluppatori open source (ma più in generale a qualunque sviluppatore software) non può che portare grandi benefici. Non credo infatti che tale scelta non sia stata presa alla leggera senza un’accurata valutazione dei possibili benefici a fronte dei rischi.

Le comunità di sviluppatori inizieranno a creare software ad hoc in grado di sfruttare al meglio la GCD e mi sembra inutile dire che più software esiste in commercio in grado di sfruttare una certa tecnologia e più il successo della stessa è assicurato e garantito. Comprereste mai una console se questa non offrisse giochi interessanti oppure un computer o un sistema operativo innovativo e all’avanguardia se non esistesse nessun software di pubblica utilità in grado di girare su queste piattaforme?

Ci troviamo in un momento in cui, nel mercato tecnologico in generale, esiste una grande e profonda competizione e concorrenza. Ci sono grandi aziende e grandi nomi che cercando a ritmi serrati di spartirsi il mercato e nessuno sembra intenzionato a cedere terreno agli avversari. BigG (così amo chiamare Google) continua ad invadere con sempre maggior determinazione gli ambiti di competenza degli avversari e da “semplice” (si fa per dire) motore di ricerca sta arrivando a produrre il proprio sistema operativo ed un proprio linguaggio di programmazione senza considerare il crescente numero di strumenti di sviluppo messi a disposizione degli sviluppatori. Recentemente Google si è affacciata sul mondo mobile rilasciando Android, un sistema operativo e annesso sdk di sviluppo per cellulari di nuova generazione. Nessun può impedire che domani inizi a produrre propri dispositivi e propri personal computer. La “guerra” tra Microsoft e Apple è tutt’altro che terminata e sempre di più la sopravvivenza di un’azienda si gioca sul filo del rasoio bruciando i tempi di sviluppo e realizzazione degli avversari. Non bastano più i dipendenti delle aziende stesse ma c’è sempre più bisogno di avere una mano da tutti quegli sviluppatori indipendenti, appassionati e fortemente competenti che mossi da una grande passione possono decretare o meno il successo di una tecnologia, a patto che questa venga loro messa a totale disposizione. Ecco il motivo fondante, a mio parere, di un’apertura da parte di un’azienda storicamente proprietaria come Apple verso il mondo open source. Poco tempo fa una cosa analoga è successa a Sun Microsystem che ha “aperto”, dopo diverse pressioni da parte della comunità open, il codice di Java.

C’è allora da chiedersi se è l’open source a non fare più paura oppure se le aziende, sotto forte pressione, si vedono costrette a ricorrere ad aperture di questo tipo per far fronte alle sempre più esigenti e pressanti richieste di mercato. Qualunque sia la risposta è chiaro che siamo di fronte ad una rivoluzione mentale e culturale in grado di portare, a mio avviso, grandi benefici a tutti, dallo studente (ricordo con immenso piacere il programma open source su cui ho lavorato durante la tesi e del quale ho potuto leggere, studiare e modificare il sorgente), al professionista, all’azienda stessa per arrivare infine all’utente finale che più di tutti può guadagnarci in termini di numero e qualità di applicazioni disponibili.

Un pensiero su “L’open-source non fa più paura?

  • 1 Ottobre 2009 in 13:06
    Permalink

    Ciao Mirco,
    essendo la causa di questa tua riflessione, cerco di contribuire con il mio pensiero.
    Credo che anche in questo caso, Apple possa essere l’apripista per un nuovo modo di pensare.
    Non credo avesse paura dell’open-source prima e neppure che si senta sotto pressione ora.
    Semplicemente ha ritenuto che una apertura di questo tipo, di una tecnologia ritenuta importante in quel di Cupertino, possa solo contribuire ad allargare la base di sviluppatori che lavorano (anche) per il suo OS, cercando di provare, in modo diretto, perché ritiene di fornire la “miglior piattaforma di sviluppo” possibile.
    Queste piccole aperture (in fondo il codice sorgente dell’OS è ancora chiuso e proprietario) penso siano la logica conseguenza dell’ottimo impatto che sta avendo l’App Store.
    Come dire: io ti aiuto a promuoverti e ti do le basi reali per produrre se tu investi in me.
    Credo che lei lo possa fare. Gli altri? non so.

    So long
    Andrea

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